► 29 Ottobre 2022
Carlo Santini
Il Metaverso? Era tutto uno scherzetto.

per chi non avesse tempo…

Siamo in un epoca in cui micro-iniziative digitali posso schizzare in alto nella valutazione dei mercati.
Grandi investimenti in settori non ancora sviluppati dovrebbero portare ad amplificare questa tendenza, soprattutto in campi ad alto valore tecnologico come quello del Metaverso.
La realtà è molto diversa. Il Metaverso, come lo ha originariamente pensato Zuckerberg, è inconsistente e continua a macinare montagne di dollari per nulla. Funziona solamente nel gioco.
Il Metaverso non sarà mai un unico prodotto digitale, ma quando arriverà assomiglierà più ad un Internet delle Cose (IoT) che a qualcosa di determinato e definibile.

Di previsioni sbagliate nel mondo della tecnologia e della comunicazione sono piene le pagine del web. E siccome a non azzeccarci sono proprio i primi della lista, perché non può farlo chi realizza tour virtuali, tra baulature di zafferano, libri storici e bici da corsa?

Frammentarismo e Metaverso.

Il Frammentarismo (quasi in senso ‘letterario’) in cui viviamo rende inutile ogni spinta a sistematizzare un pensiero coerente e strutturato. È una specie di rivincita del pensiero anarcoide, perché tutto ciò che non è tecnologico o meglio, sottoposto alla dittatura computazionale, è valido anche se non ha nessun valore.

Farò lo stesso anche io, parlando di Metaverso: quindi solo frammenti che portano tutti nella stessa direzione: finché non avremo impiantato nel nostro corpo qualcosa modello-Matrix che astragga le sinapsi, il Metaverso sarà sempre e solo una immensa, colossale, stratosferica riedizione della corazzata Kotiomkin.

Pre-Metaverso fino ad oggi: vabbè, scherzavamo.

Questo è certo. C’erano capitalizzazioni, in giro (e intendo Stati Uniti e mercati limitrofi) che cercavano uno sbocco su cui confluire. Con i tassi ridotti a sotto-zero bisognava inventarsi qualsiasi cosa avesse una parvenza di genialità e invitare chi si trovava ad avere liquidità in eccesso a credere che c’era modo di fare tanti soldi in poco tempo, un po’ come i bond argentini di qualche decina d’anni fa. 

La ‘forzatura’ era anche architettata bene; Facebook bersagliato da cause civili milionarie, Twitter che dice 100 e invece vale meno della metà della metà, Big G che se ne esce dai social e decine, centinaia, migliaia di piccole iniziative (vedi TikTok) che in uno o due anni spiana colossi 10 volte più grandi di loro. Bisognava prendere una di questi embrioni e svilupparlo: il più attraente era il Metaverso e Zuckerberg ci si è buttato.

Ricetta: per prima cosa prendi qualche amico influencer

… con frotte di follower, gli dai per pochi spicci o per un paio di favori qualche pezzetto di chip che si chiama World 2 o Malibu Shore, un ritaglio-ciofeca di bitmap su una piattaforma generata da qualche blockchain, e gli fai dichiarare che l’ha pagata 600.000 dollari, con la speranza che il mondo intero si venga a prendere un isolato digitale vicino a lui. Insomma, non è roba molto diversa da un Ethereum che ondeggia paurosamente tra gli 1 e i 1.350  euri, scendendo in un attimo a 100 per poi risalire due settimane dopo al doppio, al triplo, al quadruplo, e via. Solo che un ETH si sa  che cosa sia, a cosa serva, da cosa ne dipenda il valore: il Metaverso non si sa  neanche se esista.

“Non sono un genio”.

Mark Zuckerberg sa di non essere un genio. Un freddo (ma soprattutto ‘rapido’) esecutore di idee altrui, quello sì; e sa che da tempo quelle idee si sono disseminate in una serie di rivoli di avanguardisti della rete che oltre a partorire innovazioni adesso sanno pure come metterle a profitto. I Social oggi non sono 4 o 5, sono decine, centinaia e questo ha lentamente sfibrato Facebook. Cosa fa un ricco eccelso assemblatore senza idee? Di solito prende qualcosa che gli frulla nella testa da un po’, che vede baluginare qua e là nei report dei suoi quadri, lo prende e ci scarica qualche decina di miliardi di dollari. Ecco da dove nasce il Metaverso. Nessun progetto mai, con una genesi del genere ha portato utili: di solito è sempre servito a prolungare un’agonia. 

Vale solo il gioco.

Pare proprio che valga solo quello. Perché? Se guardiamo ai dati comunicati da coloro che sui Metaversi stanno riversando milioni di dollari (che è un po’ quella storia di vino ed oste) la faccenda è piuttosto chiara. Roblox fa 210 milioni di utenti mensili (sono certificati nei bilanci, è un numero che ha una base di verosimiglianza), Fortnite sta sui 250 milioni e Minecraft poco sopra i 150 milioni. Poi ci sono tante altre piattaforme come VR Chat o Rec Room che fanno tra qualche milione e poche centinaia di migliaia di utenti mensili: Horizon Worlds di Zuckerberg (che però è disponibile in pochi paesi) sta intorno ai 300 mila. 

Capito, sì? No? Sono tutti giochi acchiappasoldi. 

Immersivi, avvolgenti, intriganti, fantasiosi, alcuni fatti straordinariamente bene, ma giochi. Ammesso che questi numeri siano reali, rimane il fatto che stiamo parlando di giochi, che significano sì montagne di dollari, ma di giochi online. Cioè di roba scollegata dalla realtà, a meno che non ci lavoriate, in Roblox o Fortnite. Oppure che la vera rivoluzione sia che non ci resta che giocare.

Occam docet

Se posso realizzare una cosa in un modo più semplice, perché devo complicarla? Tradotto metaversamente sarebbe: se devo vedere una mostra virtuale, far conoscere dei prodotti, esporre dei progetti, perché costruirci sopra una sovrastruttura che costa 100 volte tanto, non semplice da comprendere, in concorrenza con decine – ora; centinaia, domani – quando basta scegliere una location, fare foto o filmati, o addirittura dirette streaming a 360°, caricarci i contenuti e realizzarci un e-commerce, una visita guidata, una conferenza, una cerimonia? Tra l’altro un sistema che sarebbe qualitativamente eccelso, 1.000 volte più rapido e infinitamente più permeabile ad ogni forma di creatività (è la strada dii Niantic e Apple, per intenderci). La risposta più bella che mi è stata data è:”Perché è immersivo”. Che come ’supercazzola’ non è male.

È immersivo…lallèro.

Immersivo significa che io vengo preso di peso dal mio ufficio e sbattuto in una frazione di secondo dentro un altro luogo che posso sentire, toccare, vedere, respirare e annusare. Tutto il resto è un paio di Oculus, di Pic o qualche altro brand, che sono fastidiosi da portare, fanno sudare e che appena fai un passo ti fanno sbattere sugli stipiti della porta dell’ufficio. Manca la fisicità: e senza quella il gioco non vale la candela: vale solo il gioco.

In teoria sembra facile. In teoria.

Già giochiamo con videogiochi in realtà virtuale; che ci vuole ad applicare la stessa tecnologia al Metaverso?

Che ci vuole? Non so quanti Yottabyte di spazio disco e di memoria, una cifra impensabile anche solo se un piccolo numero di umani si immergesse nel Metaverso. È per questo che la maggior parte di coloro che praticano il Metaversodenoijaltri da smartphone o PC vedono grafica squallida e funzionalità ridicole. 

Facilità d’uso e User Experience? Bah…

E poi la facilità d’uso, che adesso è pari a zero. Pensate al tempo che c’è voluto per far diventare il computer un mezzo di comune utilizzo. Io ho messo le mani sul primo pc circa 40 anni fa è pure da grande appassionato di tecnologia, non è che sciali quando sono davanti ad una tastiera. Pensate a rendere una tecnologia molto costosa sia in termini di hardware che di infrastrutture e software, utilizzabile correntemente da miliardi di persone. Una follia. Pochi utenti significa costi folli; e se un utente molto facoltoso ha da gettare soldi, trova modi molto più gradevoli ed interessanti che qualche pupazzo piramidale.

Quanto alla User experience ci dice qualcosa il trend di questi ultimi anni. FB sta perdendo posizioni a favore di competitor esterni ed interni, come TikTok e Instagram; che sono robe che registri 15 secondi di filmati, c’aggiungi un filtro e lo sbatti sul web.

Quindi non c’è niente che funzioni nel Metaverso?

E invece sì, solo che ancora non si sa cosa. Tradotto: se ci dovete buttare soldi, fateci pure sperimentazione ma di soldi buttatecene pochi. Per questo nella scommessa di Zuckerberg non c’è niente di sbagliato a parte Zuckerberg. Il Metaversochenonsappiamochesarà, prima o poi arriverà. Sarà la possibilità di stare in un luogo mentre stiamo in un altro come se in quel luogo ci stessimo davvero, ma ancora non sappiamo se ci sdraieremo su un lettino mentre collegano le nostre sinapsi a qualche apparato in rete oppure in qualche altro modo. Di sicuro non sarà portando visori claustrofobici da 1.700 euri.

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